Sulla via che ha portato ai profumi dell’amore ci sta la tappa “Mauresque”.
Come sono arriva qui? Il percorso fa più o meno così,perdonatemi la semplificazione.
Curiosa del grande tema dell’amore nella cultura arabara, avevo buttato on line sul motore di ricerca qualche parola chiave. Amour arab, le sentiment amoureaux…. Ed ero lì, presa a leggere.
E’ quasi l’alba del sesto secolo. Si parla di poesia araba preislamica. Nella penisola Arabica, nelle tribù dei Nomadi del deserto, declamata oralmente dai poeti, portavoce delle tribù di appartenenza, la poesia tratta anche il tema dell’amore. Nella struttura della composizione occupa la parte iniziale, che si chiama preludio amoroso (nasib). Si canta quasi sempre un amore nostalgico, il poeta piange la perdita della donna amata. E basta. I versi proseguono con una sezione dedicata al tema del viaggio, e da qui inizia la parte conclusiva di auto-elogio o di esaltazione delle gesta del sovrano, o di invettiva verso il nemico.
Candida, di vita sottile, di contenuta linea, dal seno polito come uno specchio.
Arretra ritrosa scoprendo una liscia guancia, con occhio di gazzella selvatica cui già accompagnano i piccoli.
Una folta chioma nera le adorna il dorso,
fitta qual pendulo grappolo di palma [Imru l-Qays, (morto fra il 530 e il 540)]
Proseguo. Mi trovo verso il 630. Maometto, con i suoi primi seguaci, si impone sulla scena storica e politica, la poesia araba, considerata espressione del paganesimo è perseguitata. I poeti vengono ridotti al silenzio o perseguitati. Ma il coraggio di alcuni poeti di usare la poesia per cantare la nuova realtà dell’Islam, al servizio di Maometto e dei suoi seguaci, cambia la situazione. Rieccolo l’amore, torna ad essere celebrato nella poesia, l’uomo del deserto piano piano sparisce e lascia spazio all’uomo di città, raffinato ed esteta. Nella poesia grandi occhi neri di kohl, notti profumate di incenso e giardini odorosi. E’ la poesia cittadina, di corte.
Continuo, sono sotto i signori della dinastia Omayyade (661-750) perché qui la poesia rinasce orgogliosa non tanto nelle terre di Arabia, quanto nei paesi conquistati. Centri della poesia diventano la Siria e L’Iraq. Si scrivono elegie d’amore, appare la coppia, l’amato e l’amata, il loro amore è spesso ostacolato, perseguitato e infelice. Si afferma la poesia erotica e bacchica, dove si cantano anche il piacere del vino e il piacere sessuale.
Salgo lungo la storia. Davanti a me cinque secoli sotto il califfato Abbaside di Baghdad (secoli VIII-XI). L’epoca del Grande Impero e del massimo splendore dell’Islam. E’ un califfato culturalmente fiorente grazie ancheal know how trasmesso da prigionieri di guerra cinesi, l’indomani della battaglia del Talàs. A Samarcanda e a Baghdad, sorgono le prime cartiere che poi si moltiplicano in tutto il mondo islamico arabo, persiano, indiano, egiziano, siriano, siciliano e di al-Andalus. Fiorisce un’intera scuola di poeti d’amore. Poesie che seducono per la loro dolcezza, gioia, tristezza esistenziale e sete inesauribile di Assoluto.
(…)Je meurs d’amour pour lui, en tout point accompli
et qui se perd en entendant de la musique.
Mes yeux ne quittent pas son aimable physique,
sans que je m’émerveille à le voir si joli.
Sa taille est un roseau, sa face est une lune
et de sa joue en feu ruisselle la beauté.(…) Abu Nawas
E poi? Poi arriva la fine del califfato, il sorgere di Stati indipendenti e la frammentazione della letteratura araba. La principale delle letterature che sorge da questo disgregarsi è quella della Siria, con centro Aleppo. Qui alla corte dell’emiro Saif ad-Daud (morto nel 967) una info cattura la mia attenzione. E’ in questo periodo e probabilmente proprio in Siria che appare la traduzione di un’opera persiana, i Mille racconti, prototipo di quella che sarà una delle opere cardine della letteratura araba, Le mille e una notte.
Mi viene naturale. Abbandono il complicatissimo dedalo di filoni poetici che si arrimpano su per i secoli intrecciati alle culture dei popoli conquistati per entrare nel racconto della storia del manoscritto Alf laila wa laila. Non seguo la genesi del manoscritto, complicatissima, seguo il filo rosso facile incandescente del fascino che ha esercitato attraverso i secoli fino a noi.
Mi trovo nel XVIII secolo, esattamente nel 1704, a Parigi, quando Antoine Galland, ecclesiastico e insegnante d’Arabo, traduce e pubblica il primo volume dei suoi Contes arabes, chez la veuve de Claude Barbin au Palais, sur le second Perron de la Sainte-Chapelle, e l’Europa…. e ” tutta l’Europa impazzisce” (Pietro Citati).
Sull’onda della lettura dei racconti Le Mille e una notte, che raccontano la società e le tradizioni orientali in maniera così affascinante, si scatena una passione irrefrenabile, un virus che contagia tutti. Una febbre orientaleggiante che attraversa il 700, contagia e infiamma l’800, il 900 e arriva fino a noi. Che spinge a viaggiare, si parte alla scoperta e all’esplorazione dell’Oriente, lo si studia, nascono i diari di viaggio, correnti di gusto pittoriche e letterarie, ci si muove anche con eserciti per la sua conquista, prima Napoleone verso l’Egitto, poi L’inghilterra verso le Indie e la Francia alla conquista di Algeria e Marocco, si fanno studi antropologici, biologici, linguistici, storici e razziali … Se agli albori tutto questo fermento viene etichettato con il termine Orientalismo, ad indicare semplicemente lo studio della letteratura e della cultura orientali, con il testo di E. Said, iil fenomeno si connota di un altro significato. L’Orientalismo è il discorso lungo e complesso di come l’Occidente conosce nei secoli l’Oriente, un discorso che nel modo di vedere e descrivere il suo oggetto di studio, tradisce però la sua prospettiva di forza politica, cultuale, commerciale….di forza tout court.
Arrivata fino a qui, il mio interesse sorvola sulla pittura orientalista che già mi è cara e vira verso la fotografia. Mi immergo nella massiccia produzione di fotografie che coincide con la grande stagione dell’espansionismo coloniale, sperando di trovare nuovi spunti sul tema dell’amore, quando mi incanta un soggetto. Mauresque.
* la foto in evidenza:Benjamin Constant, Arabian Nights, 1872 Alcune ragazze siedono a guardare il cielo stellato (dipinto per Le mille e una notte)
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